“Privacy? Se non ho nulla da nascondere, che mi importa se mi controllano?”

“Privacy? Se non ho nulla da nascondere, che mi importa se mi controllano?”

Gira spesso questo sulla rete quando si parla di Privacy, anche quando si sta parlando del vero cuore delle normative sulla Privacy che non hanno solo a che fare con la riservatezza, ma con la protezione dei dati personali, con la protezione delle persone fisiche.

Sembra quasi un mantra, per chi si sente pulito, non avere problemi di alcun genere a mostrare la propria vita in piazza. E siccome è una sua sacrosanta scelta, nessuno avrebbe il diritto di contraddirlo nella sua decisione, se non che quello di cui si parla quando parliamo di Privacy è, più spesso di quanto si creda, di altro.

Chi scrive “Privacy? Se non ho nulla da nascondere, che mi importa se mi controllano?”, non ha ben chiaro il mondo reale, perché sembra che la sua unica preoccupazione sia che qualcuno, tipo il gestore di un App collegata alla salute, possa vedere cosa lui fa o non fa durante la sua quotidianità.

Tralasciando per un attimo l’effetto che comunque questa sua decisione, basata sull’idea che spogliarsi della sua intimità non lo infastidisca, cosa non vera per tutti, la cosa grave è la completa dimenticanza o forse ignoranza di tutti quegli aspetti, decisamente ancora più preoccupanti, interamente tralasciati.

Forse chi fa simili affermazioni ha la cieca fiducia in chi gestirà i suoi dati, non solo che li utilizzerà in modo etico e corretto a favore della comunità oppure per un proprio tornaconto economico, ma che li proteggerà da manomissioni da parte di persone esterne a tutto.

Stiamo parlando del livello più importante della protezione dei dati personali, ovvero degli effetti dannosi e pericolosi che una gestione non buona, parzialmente o totalmente fuori dalle regole possa creare.

L’altro mantra che si sente in giro è “Tanto hanno tutti i miei dati”, che tradotto potrebbe essere “Non posso farci nulla, ci facciano almeno qualcosa di utile”.

Dante Alighieri riteneva le persone che non agiscono né nel bene né nel male, quelle che si adeguano semplicemente al più forte, ovvero gli ignavi, come qualcuno da disprezzare al massimo.

Posso pensare che Dante sia stato un po’ troppo crudele nel definire queste persone così, perché in effetti ci sono a mio avviso dei margini nei quali poterli giustificare, come quando qualcuno ha provato innumerevoli volte a fare qualche cosa fallendo tutte le volte.

Ma ciò non toglie il fatto che, qualunque sia il fallimento conseguito, smettere di giocare non sia la soluzione.

Così non può essere la soluzione permettere che qualcuno tratti i tuoi dati personali senza, come minimo, assicurare una protezione al 100% sul possibile furto, manomissione, alterazione o semplicemente sottoporli ad un’errata valutazione, solo per citarne alcune.

Lo spirito delle norme, più spesso di quanto si è portati a credere a causa della società in cui viviamo, è più alto di quello che appare e, le norme sulla Privacy, nascono con lo spirito del dopo guerra dove, una società priva di scrupoli, ha causato una delle tragedie più vaste della storia a causa della mancanza del rispetto di norme basilari sulla protezione dei dati personali, grazie anche alla complicità agli ignavi.

No, non va bene pensare che “se non ho nulla da nascondere” sia la chiave, perché non è affatto vero che “non ho nulla da nascondere”.

Ci sono sempre informazioni riservate che una volta diffuse ti possono creare seri problemi. Pensiamo per un attimo al PIN del tuo bancomat. O ai dati della carta di identità. O ancora a tuo figlio ed alle sue fotografie. Il numero della tessera sanitaria.

E potrei andare avanti per ore ad elencare informazioni o aspetti della tua vita che devono, devono, devono rimanere solo tue. “Non ho nulla da nascondere” suona quasi come una sfida, ma sei disposto a perdere la partita e a pagarne il prezzo, ovvero le tue e altrui libertà e, ciliegina sulla torta, scoprire poi che non è servito a nulla o a poco?

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