Copia del Green Pass al datore di lavoro: "privacy a rischio". Segnalazione del Garante al Parlamento e al Governo

Copia del Green Pass al datore di lavoro: “privacy a rischio”. Segnalazione del Garante al Parlamento e al Governo

Problemi di riservatezza sul green pass al lavoro. Il Garante della Privacy ha segnalato a Parlamento e Governo alcune criticità, in merito alla possibilità che il lavoratore consegni copia della certificazione verde al datore di lavoro.

Le possibili falle nella normativa in fatto di riservatezza dei dati personali sono contenute in una comunicazione firmata dal presidente dell’autorità Pasquale Stanzione: “Segnalazione al Parlamento e al Governo sul Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 127 del 2021 (AS 2394), in relazione alla possibilità di consegna, da parte dei lavoratori dei settori pubblico e privato, di copia della certificazione verde, al datore di lavoro, con la conseguente esenzione, dai controlli, per tutta la durata della validità del certificato”.

Il fatto è che l’emendamento al DL 127/21 è in contrasto con il Regolamento UE sul Green Pass, che prevede la non conservazione dei dati, e non è compatibile con la risoluzione 2361 del Consiglio Europeo su possibili discriminazioni per la scelta vaccinale, e con la normativa giuslavoristica.

L’assenza di verifiche durante il periodo di validità della Certificazione Verde non consentirebbe di rilevare eventuali positività dell’intestatario, eludendo le finalità di salute pubblica e ponendosi in contrasto col principio di esattezza del trattamento dati. (Fonte: Garante per la protezione dei dati).

Pertanto “è auspicabile un approfondimento ulteriore, anche in vista dell’esame del provvedimento in seconda lettura” si legge nella comunicazione. Il green pass è “efficace a fini epidemiologici nella misura in cui il certificato sia soggetto a verifiche periodiche sulla sua persistente validità; ciò che è reso possibile dal costante aggiornamento, mediante la piattaforma nazionale DGC, dei certificati in base alle risultanze diagnostiche eventualmente sopravvenute”.

L’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe, di contro, di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato”.

Inoltre, “la prevista legittimazione della conservazione (di copia) delle certificazioni verdi contrasta con il Considerando 48 del Regolamento (UE) 2021/953 il quale, nel sancire un quadro di garanzie omogenee, anche sotto il profilo della protezione dati, per l’utilizzo delle certificazioni verdi in ambito europeo, dispone che ‘Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento”.

Fonte: Federprivacy

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